Nell'adunanza del 27 febbraio 1997
Vista la deliberazione dell'Adunanza generale di questa Sezione n. 122/94 del 27 settembre - 11 ottobre 1994, con la quale sono stati definiti i programmi ed i parametri del controllo per il secondo semestre 1994 e per l'anno 1995, ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20;
Visto in particolare il programma dell'Ufficio di controllo consuntivo sui rendiconti, le contabilità e le gestioni fuori bilancio del Ministero delle Finanze, nell'ambito del quale è stata prevista un'indagine sulle "Spese riservate per il Servizio informazioni della Guardia di Finanza";
Viste le osservazioni formulate a tale riguardo, all'esito del controllo effettuato, dal predetto Ufficio di controllo al Comando generale della Guardia di Finanza con foglio n. 1293 del 30 dicembre 1995;
Vista la risposta fornita dal Comando generale della Guardia di Finanza con nota prot. n. 3230/R/RCI/1 in data 6 maggio 1996, pervenuta all'Ufficio l'11 maggio 1996, e la successiva integrazione documentale;
Vista la relazione di deferimento del Consigliere istruttore dell'Ufficio di controllo sul Ministero delle Finanze (consuntivo) n. 1155/G del 20 dicembre 1996;
Vista l'ordinanza del Presidente della Corte dei conti in data 10 febbraio 1997 con la quale è stato convocato per l'odierna adunanza il III Collegio della Sezione del controllo per l'esercizio del controllo successivo sulla gestione di cui all'art. 3, comma 4, della legge 14 febbraio 1994, n. 20;
Vista la nota della Segreteria della Sezione del controllo n. 283/97 del 22 febbraio 1997 con la quale è stata data comunicazione della citata ordinanza al Ministero delle Finanze - Gabinetto e al Comando generale della Guardia di Finanza - II Reparto, nonché al Ministero del Tesoro - Gabinetto e Ragioneria generale dello Stato - I.G.F.;
Vista la deliberazione dell'Adunanza generale della Sezione del controllo n. 1/97 dell'11-16 dicembre 1996, con la quale è stata, fra l'altro, determinata la competenza del III Collegio;
Vista l'ordinanza del Presidente della Corte dei conti n.1/97 in data 11 gennaio 1997, con la quale è stata stabilita la composizione del III Collegio;
Visti gli articoli: 24 del Testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214; 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161; 3, comma 4, della legge 14 febbraio 1994, n. 20; 2 e 5 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con modificazioni nella legge 20 dicembre 1996, n. 639;
Uditi il consigliere relatore nella persona del cons. Dott. Roberto BENEDETTI ed i rappresentanti del Comando generale della Guardia di Finanza, col. Virgilio CICCIO' e gen. Giovanni MARIELLA;
Ritenuto in fatto
1. - In attuazione del programma di controllo deliberato dall'Adunanza generale della Sezione del controllo nella sedute del 27 settembre - 11 ottobre 1994, l'Ufficio di controllo consuntivo sui rendiconti, le contabilità e le gestioni fuori bilancio del Ministero delle Finanze ha svolto un'indagine sulle "Spese riservate per il Servizio informazioni della Guardia di Finanza". L'indagine si è resa necessaria a seguito di episodi di illecito utilizzo di risorse destinate all'acquisizione di informazioni riservate, accaduti in settori similari di altre amministrazioni pubbliche.
L'indagine è stata condotta dall'ufficio mediante accertamenti diretti - effettuati ai sensi dell'art. 3, comma 8, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 - in quanto il Comando generale della Guardia di Finanza non ha trasmesso a questa Corte gli atti e la relativa documentazione oggetto dell'indagine, adducendo vecchi accordi in tal senso a suo tempo intervenuti, la particolare natura della materia indagata ed una disposizione normativa di natura regolamentare. Lo stesso Comando generale ha peraltro consentito, senza frapporre ulteriori impedimenti, che l'attività di controllo fosse svolta presso la sede di conservazione degli atti e della documentazione, cosicché si è comunque potuto realizzare, con metodo a campione, un sostanziale riscontro dell'attività di gestione svolta negli ultimi anni, pur nell'atipicità della situazione e delle connesse difficoltà operative (che non hanno consentito, fra l'altro, la produzione di atti all'odierna sede collegiale).
2. - All'esito del controllo effettuato l'Ufficio ha formulato all'Amministrazione le osservazioni emerse dal riscontro svolto. Esse hanno riguardato in sintesi: la sostanziale indeterminatezza del quadro normativo, le conseguenti modalità di effettuazione del controllo, l'improprietà dell'imputazione di alcune spese al capitolo di bilancio, l'omessa iscrizione nelle scritture patrimoniali di alcuni beni acquistati con le risorse destinate all'attività riservata.
In merito alle osservazioni formulate ha controdedotto l'Amministrazione, precisando le motivazioni in diritto ed in fatto che hanno giustificato il comportamento tenuto e l'attività svolta.
3. - Non avendo le citate controdeduzioni consentito di superare le perplessità sollevate dall'Ufficio (pur nel positivo apprezzamento di alcune disponibilità manifestate dal Corpo a rivedere scelte e comportamenti finora tenuti) e non ricorrendo pertanto i presupposti per l'adozione di una determinazione positiva, il consigliere istruttore ha chiesto il deferimento degli atti all'odierna sede collegiale per le valutazioni di competenza.
Il deferimento è stato effettuato secondo modalità ritenute idonee a garantire la riservatezza della materia.
Intervenuti all'odierna adunanza, i rappresentanti dell'Amministrazione hanno confermato e ribadito le controdeduzioni ed i chiarimenti forniti in risposta al foglio di rilievo istruttorio, depositando apposita memoria illustrativa.
Considerato in diritto
1. - La questione sottoposta alla valutazione del Collegio riguarda l'indagine effettuata sull'attività relativa alla gestione delle "Spese riservate per l'attività informativa della Guardia di Finanza" e le problematiche da essa scaturite.
Va premesso che nella comune accezione un'attività definita "riservata" si distingue da una qualificata "segreta" in quanto questa non può essere conosciuta da tutti, ma solo da chi sia in tal senso espressamente autorizzato, mentre la conoscenza della prima è pur sempre sottratta alla generalità delle persone, ma per essere invece limitata ad un ambito necessariamente ristretto. Ne consegue, ai fini di controllo che qui più interessano, che nei confronti della prima è in via di massima teoricamente esperibile l'attività di controllo secondo le ordinarie modalità stabilite dalla legge, con l'unica differenza - peraltro non trascurabile - che l'esercizio dell'attività di controllo deve essere effettuata secondo modalità tali da non compromettere la riservatezza della materia.
L'indagine, come detto esperita secondo i canoni di cui alla legge n. 20/1994 (con il già evidenziato ricorso agli accertamenti diretti che, nel caso di specie, possono validamente sostituire la produzione degli atti e della relativa documentazione), ha innanzi tutto evidenziato delle serie problematiche di non secondaria importanza, con particolare riguardo al carente quadro normativo di riferimento della materia ed alle difficoltà relative proprio alle modalità di esercizio del controllo.
2. - Per quanto riguarda il primo aspetto, va rilevato che sulla materia coesistono alcune disposizioni normative di vario livello, nessuna delle quali, peraltro, ad avviso del Collegio, consente di delineare un ordinamento compiuto, chiaro e preciso della materia e della necessaria autorizzazione della relativa spesa.
In particolare:
a) l'art. 1 del regio decreto-legge 3 gennaio 1926, n. 63 (concernente "Attribuzione di facoltà di indagine e controllo alla polizia tributaria investigativa"), convertito in legge 24 maggio 1926, n. 898, conferisce agli ufficiali, sottufficiali e militari della polizia tributaria investigativa tutti i poteri e diritti di indagine, d'accesso, di visione, di controllo, di richiesta di informazioni, che spettano per legge ai diversi uffici finanziari, incaricati dell'applicazione dei tributi diretti ed indiretti. Benché tale norma figuri nel nomenclatore degli atti allegato al bilancio annuale di previsione dello Stato quale disposizione autorizzatrice della spesa sul relativo capitolo, in essa, in realtà, non si rinvengono riferimenti per le finalità che pur si ripromette;
b) l'art. 292 del "Regolamento di amministrazione per la Guardia di Finanza"(approvato con D.P.R. 20 marzo 1986, n. 189), che prevede che lo stanziamento di bilancio per le spese riservate del Servizio informazioni, iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero delle Finanze, rubrica Corpo della Guardia di Finanza, sia riscuotibile con quietanza del Comandante generale che costituisce documentazione del relativo titolo di spesa. Si tratta anch'essa di una disposizione che più che consentire l'autorizzazione della spesa, ne disciplina - in maniera peraltro insufficiente - la sua effettuazione, senza fra l'altro rivestire quel contenuto derogatorio delle ordinarie procedure di rendicontazione sostenuto dall'Amministrazione;
c) la normativa di ordinamento del Corpo (legge 23 aprile 1959, n. 189), che pur nella sua generalità, sembra forse più conferente allo scopo, con tutti gli ovvi limiti, tipici di normative di ampio spettro che fanno riferimento a generali fini istituzionali.
3. - Per quanto concerne, invece, il secondo aspetto - quello relativo alle modalità del controllo - va anzitutto ricordato che l'art. 3, comma 4 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 ha affidato a questa Corte il compito di svolgere il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione, accertando, anche in base all'esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa.
Premesso quanto sopra, reputa il Collegio che il descritto secondo aspetto dell'indagine in esame (quello, cioè, attinente alle modalità del controllo), ponga questa Corte a dover pregiudizialmente valutare se la particolare natura dell'attività oggetto dell'indagine renda possibile in concreto l'applicazione ad essa del modello di controllo delineato dalla riforma normativa del 1994 e precisamente dal citato art. 3, comma 4, della legge n. 20/1994, modello che, come sopra illustrato, prevede da un lato la verifica della legittimità e della regolarità delle gestioni e dall'altro quella dell'efficienza, dell'economicità e dell'efficacia delle stesse, attraverso soprattutto la comparazione dei costi, modi e tempi dell'azione.
La risposta a tale quesito non sembra a prima vista del tutto agevole considerato che, pur in presenza di attività dalla natura particolarmente connotata, quale è senza dubbio quella in esame, è pur sempre vigente e operante il principio della doverosità del controllo da parte di questa Corte, salvo un espresso esonero di legge, che nel caso di specie non ricorre.
Pur tuttavia un attento esame del caso porta ad evidenziare che l'attività riservata in oggetto, pur distinta dall'attività "secretata" come osservato in premessa, fuoriesce dal quadro di una normale attività gestionale e, come tale, ubbidisce ad obiettivi, finalità ed esigenze proprie, che mal si conciliano con i parametri di produttività indicati dal modello di controllo della legge n. 20/1994 più volte richiamato.
E' appena il caso di osservare, infatti, che nell'incerto quadro normativo di riferimento appena delineato, per le considerazioni già esposte, nel caso in esame non sembra possibile l'enucleazione degli obiettivi stabiliti dalla legge, venendo così a mancare il primo, essenziale parametro di riferimento, con la conseguente impossibilità di effettuare la richiesta valutazione dei risultati conseguiti.
Va quindi ritenuto che, nella specie, non sembra praticabile la misurazione dei risultati in base ai normali parametri di economicità, efficienza ed efficacia.
A tacer d'altro, sia sufficiente considerare al riguardo, ad esempio, che l'obiettivo di un'attività riservata può essere talmente importante e vitale per la sicurezza del Paese che il suo conseguimento può del tutto prescindere dal costo sostenuto per realizzarlo; di modo che non è dato in tal caso poter desumere o applicare indici di comparazione che ne misurino e ne valutino l'economicità.
In ragione proprio della riservatezza dell'attività, inoltre, non sembra altrettanto possibile neppure una valutazione sommariamente comparativa dei modi e dei tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa, in quanto l'attività mal si presta a simili riscontri anche in termini di efficienza ed efficacia.
Ne deduce il Collegio che il nuovo modello di controllo sulla gestione, affidato alla Corte con la riforma del 1994, non può riferirsi - nei suoi tipici connotati - all'attività operativa e di spesa in esame.
4. - Si è rivelata, pertanto, quanto mai opportuna l'iniziativa assunta dal competente Ufficio di controllo di inserire un'indagine di tale tipo nell'ambito del programma annuale, perché ciò ha consentito di sperimentare i modelli di controllo sulla gestione, introdotti come più volte detto dall'art. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, su di una attività caratterizzata da specifiche modalità operative e da particolari finalità, tali cioè da distinguerla in maniera notevole da altre, più tradizionali, attività amministrative e di gestione.
Ciò non significa, ovviamente, che su di essa non si renda necessario lo svolgimento di un'attenta attività di controllo, né che la Corte dei conti rinunci in tale settore al puntuale esercizio della principale funzione della Costituzione (art. 100).
Il risultato dell'esperienza compiuta induce, invece, a ritenere che, come già proposto per la disciplina normativa, anche nell'ambito del controllo su tale attività (e, per coerenza, in quelle similari) vadano normativamente introdotte nuove e più specifiche regole che siano idonee all'accertamento dell'attività svolta, conservando contemporaneamente alla stessa quella riservatezza di obiettivi, di modalità operative e di risultati che la caratterizzano intrinsecamente.
Ciò non toglie, inoltre, che l'attività di controllo svolta sia stata utilmente espletata, in quanto essa ha consentito, sul piano della regolarità e della legittimità, di rilevare importanti aspetti dell'attività in esame, suscettibili di miglioramento e che di seguito si precisano.
Anzi, in sintonia con il carattere collaborativo del controllo successivo sulla gestione, quale autorevolmente delineato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 29 del 12-27 gennaio 1995 (per la quale "il controllo dei risultati della gestione è, prima di tutto, diretto a stimolare nell'ente o nell'amministrazione controllati processi di ‘autocorrezione' sia sul piano delle decisioni legislative, dell'organizzazione amministrativa e delle attività gestionali, sia sul piano dei ‘controlli interni' "), le risultanze del controllo e le osservazioni conseguentemente formulate - come puntualmente evidenziate nella relazione di deferimento - vanno rassegnate all'Amministrazione, ai sensi dell'art. 3, comma 6, della legge n. 20/1994, affinché essa tragga dalle stesse le debite conseguenze sul proprio modus operandi e sui necessari interventi correttivi che al riguardo riterrà opportuno adottare.
5. - In conclusione è pertanto da ritenere che:
a) come osservato in premessa, appare incerto, incompiuto ed inadeguato, soprattutto se comparato ad analoghe attività svolte da altri Corpi dello Stato, il quadro normativo di supporto dell'attività medesima, dal quale discende l'urgente esigenza dell'assunzione, nelle sedi competenti, di opportune iniziative volte a delineare una disciplina normativa più puntuale e specifica, comprensiva delle modalità di esercizio della fase del controllo affidata a questa Corte;
b) non va sottovalutata l'esigenza che, proprio in relazione ad una normale verifica di risultato da parte di questa Corte, l'attività medesima venga attentamente vagliata e seguita da organi di controllo interno che ne facilitino i riscontri e ne impediscano gli eventuali abusi;
c) l'improprietà dell'imputazione al capitolo esaminato di talune spese fa discendere il dovere dell'Amministrazione di riconsiderare con maggiore attenzione quali spese (ed in quali termini) possano effettivamente considerarsi strumentali allo svolgimento della specifica attività e quali, invece, possano trovare la loro naturale collocazione negli altri capitoli del bilancio, senza che le finalità ne abbiano a soffrire, in attesa che la nuova formulazione del bilancio annuale di previsione comporti l'articolazione dello stesso in capitoli finalistici o capitoli per funzione-obiettivo, i soli, cioè, capaci di superare i tradizionali limiti dell'attuale ordinamento contabile, ancora basato per lo più su capitoli oggettivistici;
d) altro aspetto da richiamare alla particolare attenzione dell'Amministrazione è ravvisato dal Collegio in merito alla necessità che anche i beni acquistati con l'utilizzazione dei fondi riservati siano inseriti nel conto del patrimonio, in maniera tale da renderne indiscutibile la proprietà statale.
Su tali osservazioni e sulle altre contenute nella relazione di deferimento dovrà l'Amministrazione comunicare all'Ufficio di controllo le misure conseguenzialmente adottate in adempimento dell'art. 3, comma 6, ultima parte, della legge n. 20/1994.
P.Q.M.
la Sezione del controllo delibera, nei termini emersi dalla discussione, la relazione concernente la gestione delle "Spese riservate per l'attività informativa della Guardia di Finanza".
Delibera, altresì, di segnalare:
1) al parlamento, al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministero delle Finanze, per quanto di competenza, la necessità che nella materia in oggetto si pervenga ad una disciplina normativa compiuta e precisa, in considerazione dello specifico contenuto e della particolare finalità della stessa, nell'ambito della quale valutare il tipo di controllo da effettuare su di essa da parte della Corte dei conti e degli organi di controllo interno, precisandone i limiti e gli obiettivi ai fini del suo effettivo esercizio;
2) al Comando generale della Guardia di Finanza gli esiti del controllo svolto e delle relative problematiche, ai fini dell'adozione dei provvedimenti conseguenziali.
Il Presidente: Dott. Giuseppe CARBONE
Il Relatore: Dott. Roberto BENEDETTI
Depositato in segreteria il 12 maggio 1997
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